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Quelle strade bielorusse che chiedono un cambiamento

Giovani, anziani, bambini bielorussi. Intere famiglie che compongono una nazione scendono costantemente in piazza sin dal 9 agosto per chiedere nuove elezioni e la destituzione del presidente…

"Lunga vita alla Bielorussia", "Vattene a fare in c**o e muori", "Lukashenko Avtozag". I cori si susseguono. La gente grida alzando le dita a "v", in segno di vittoria e di pace. È domenica, il giorno della manifestazione settimanale contro il governo Lukashenko. Sono passate ormai settimane da quando la popolazione ha deciso di scendere in piazza per protestare contro la rielezione del presidente Alexsander Lukashenko alle presidenziali dello scorso 9 agosto. Da allora, centinaia di migliaia di persone non hanno smesso di manifestare, sfidando la risposta bruta e violenta delle autorità. La loro richiesta è semplice: nuove elezioni e la fine del governo autoritario del “batka”, “il padre” come si fa chiamare il leader. Donne bambini, famiglie, ragazzi e ragazze. Tutti sono colorati di bianco rosso bianco, colori della bandiera nazionale precedente a quella introdotta da Lukashenko nel 1995.

Dalle prime file qualcuno fa partire la Ola. Tutti urlano. Il corteo marcia pacificamente. Dal traffico, le persone in macchina suonano il clacson mostrando il loro sostegno. Dai balconi le persone gridano “libertà” e tutti si girano acclamandoli. L'atmosfera è molto bella. Improvvisamente però, la polizia irrompe nel corteo. Tutti si dileguano. Attaccano con gli Avtozag, i camion militari adibiti a trasportare i prigionieri. Quando passano, tutti ritornano al proprio posto. Si ricomincia a cantare. Le persone hanno paura in particolare degli Amon, le forze speciali incappucciate, e i Tihushniki (“silenziosi” in russo), i poliziotti in borghese armati di manganello e con i passamontagna. Sono loro che arrestano, picchiano e perpetrano violenze sui manifestanti. Attaccano silenziosamente. Escono all'improvviso dai loro furgoni blu e verdi senza targa e si fiondano su gruppetti di manifestanti che si diradano dalla folla. Vederli in azione è pietrificante. Sono alti, piazzati. Incutono timore ma i manifestanti non demordono.

Il 9 agosto scorso, la Bielorussia ha votato per eleggere il nuovo presidente. Già prima dell'esito finale, le proteste contro l'attuale governo di Aleksander Lukashenko, in potere dal 1996, hanno cominciato a propagarsi per tutto il paese e si sono inasprite con l'annuncio della sua vittoria. Lukashenko, forte alleato della Russia, è stato accusato di brogli elettorali dall'opposizione. Le autorità, hanno represso ogni manifestazione con la forza. Nei primi giorni, causando anche alcune vittime civili.

Le proteste non si sono fermate e sono ormai quasi 4 mesi che ogni domenica, centinaia di migliaia di bielorussi escono in strada per chiedere nuove elezioni e la liberazione dei leader dell'opposizione, ormai tutti in prigione. La moglie del principale candidato dell'opposizione Tikhanovsky (ora detenuto) alle presidenziali di agosto, Svetlana Tikhanovskaya, è fuggita in Lituania, conducendo il movimento dall'esterno e cercando l'appoggio dell'Unione europea. Bruxelles intanto, ha annunciato lo scorso mese un pacchetto di sanzioni contro il governo bielorusso ma Lukashenko, forte dell'appoggio di Mosca, ha deciso per la tolleranza zero, continuando a sedare ogni raggruppamento o protesta con l'uso della violenza e annunciando un cambio di legge secondo il quale ogni cittadino arrestato durante le proteste dovrà scontare 3 anni di carcere.

Nelle ultime settimane però, il batka, (padre della nazione, come è chiamato Lukashenko) ha annunciato che presto sarà emessa una nuova costituzione con la quale lui non sarà più presidente. La popolazione, intanto, continua a marciare rischiando.

“Io non pensavo che la popolazione bielorussa fosse capace di questo” – commenta Denis, 38, un videomaker – “Ero triste di vedere che negli anni passati, solo pochi si opponessero. Oggi invece sono fiero di essere bielorusso. Ci siamo uniti molto”. È come se le persone non temessero più l’autorità, un pilastro imprescindibile del governo Lukashenko. “Prima i bielorussi pensavano sempre che non agire fosse la cosa giusta per non peggiorare le cose. Oggi non hanno più paura, il principale freno alle proprie emozioni” tuona invece Tom, 36.

Per difendersi dalla spregiudicatezza governativa, i manifestanti hanno sviluppato varie tecniche. L’applicazione criptata Telegram è diventata quindi la piattaforma della rivoluzione, dove le persone si scambiano foto, video, e si danno appuntamento per marciare e protestare. Da quando le proteste sono cominciate, alcuni gruppi mediatici sull’App hanno raggiunto più di 2 milioni di iscritti. "Sono fra i più grandi gruppi al mondo" commenta Denis. E se ogni domenica l’appuntamento per la grande marcia è stabilito per le 2 del pomeriggio, tutti sanno già cosa stia succedendo dalle prime ore del mattino: numerosi arresti sono già avvenuti in tutta la città. 

Domenica, il ritrovo è ormai simbolica a Stella, la piazza dell’indipendenza, simbolo della vittoria sovietica sul fascismo e diventato simbolo della dittatura dell’attuale regime. Un luogo che Lukashenko difende con decine di militari appostati, i quali alzano il volume degli altoparlanti al massimo mettendo musica patriottica sovietica, per disturbare la folla. Nelly,71 e Helen, 60, si recano verso Stella con la propria auto. Sono emozionate. "Per noi è un momento storico" -dice Nelly parlando un po' d'inglese - "sono molto toccata. Stiamo protestando perché vogliamo la libertà. Non vogliamo che i nostri figli siano obbligati a lascire il paese, perché amiamo la nostra patria. Ma con questo presidente è impossibile. Oltre agli ennesimi brogli elettorali, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata proprio la violenza della polizia. Quando è troppo, è troppo". Helen annuisce, prima di aggiungere che: "Nelle campagne, le persone non guadagnano abbastanza per pagare le tasse. Come fanno a sopravvivere?". La macchina di Helen prosegue dalla periferia verso il centro. Le macchine scorrono normalmente. Le persone cominciano a radunarsi verso Stella. 

"Continueremo a combattere per la libertà" - Katerina Yakubenko

"Il solo fatto di andare in giro con questa maglietta può farti arrestare" - Ellina

Nella manifestazione, Katerina ha appena perso suo marito: "I poliziotti si sono avvicinati con fare minaccioso. Un gruppo intero di manifestanti ha fatto resistenza, creando una catena. Ci hanno separato con la forza. Hanno arrestato mio marito, picchiandolo duramente. Piangevo. Poi l'hanno portato via. Noi continueremo a combattere per la libertà" commenta. Si perdono le tracce di Katerina, Lei, diventata uno degli emblemi delle rivolte, è un'attivista sempre presente. Suo marito è stato portato alla prigione di Akrestina e poi a Zhodino, un centro di prigionia fuori città. Sono queste le prigioni conosciute ormai da tutti per la loro brutalità. Le persone che hanno scontato la pena al loro interno parlano di celle sovraffollate, poco cibo, pestaggi brutali e anche torture.

"Un amico è stato stuprato analmente con un manganello" commenta Ellina, 25. "Altri sono stati picchiati a sangue o hanno dovuto lasciare il paese perché perseguitati". Sono solo alcuni commenti che escono dalla sua bocca. Anche lei è sotto shock. Come tutta la nazione. La brutalità del governo ha sorpreso tutti. Molti giovani sono sorvegliati giorno e notte. Maksim,35 è stato testimone diretto di tutto questo: "Mi hanno arrestato mentre filmavo e mi hanno picchiato duramente mentre mi portavano ad Akrestina. Là mi hanno torturato. Mi hanno spruzzato in testa la vernice di una bomboletta. Ho protestato con il comandante, dicendo che erano stati i poliziotti. Mi hanno picchiato ancora di più. Poi mi hanno legato i piedi e le gambe dietro la schiena, schiacciandomi. Più gridavo dal dolore più si innervosivano e mi picchiavano".

"Non pensavo il mio popolo capace di una reazione simile" - Denis

"Vogliamo elezioni libere e democratiche. Continueremo le manifestazioni in maniera pacifica"- Aleksej

Quando la manifestazione giunge al termine, le persone si dileguano. È il momento più pericoloso. "Alle manifestazioni ci vado sempre dopo l'inizio e me ne vado prima della fine. Altrimenti finisci male. Ma ci vado sempre con i tacchi, così che non possa scappare troppo facilmente" commenta Olga, una casting director di 34 anni, attiva durante le proteste. A fine giornata, secondo fonti ufficiali del governo, 400 persone sono state arrestate. Ma nessuno dice di crederci. Pensano tutti che siano molte di più. 

Il lunedì successivo tutto sembra normale. Nessuno batte ciglio. Ma in realtà tutto avviene in maniera silenziosa. La polizia interviene per bloccare molti comizi e raduni. Nei quartieri, ogni sera, le persone si raggruppano portano cibo, bibite, cantando canzoni popolari nei parchi. È un momento per parlare, unirsi. Anche nel quartiere di Nowaja Barawaja, uno dei luoghi più sovversivi, Aleksej,38 si unisce al gruppo. Un cantante intrattiene le decine di persone che sventolano le bandiere bianche-rosse-bianche. "Vogliamo nuove elezioni. È il nostro diritto" - afferma - "Il presidente si prende il potere con la forza e non va bene. Speriamo che le sanzioni possano aiutarci ad avere elezioni libere. Noi intano continueremo a manifestare in maniera pacifica".

Sebbene molte persone siano state vittime di abusi e violenze, le persone sono rimaste calme, cercano di parlare con la polizia. Ma nessuno sembra voler ascoltare. Quando, il 23 settembre, Lukashenko ha deciso di anticipare l'inaugurazione presidenziale, di nascosto, la folla è impazzita. Per le strade Minsk le persone hanno bloccato le arterie stradali con le proprie macchine per impedire alla polizia di raggiungere i manifestanti più facilmente. Decine di macchine sono state distrutte da poliziotti armati di manganello. Molti sono stati arrestati. "Dicono che la rabbia stia salendo sempre di più" commenta Tom, 36. Ma l’Unione europea è disunita e nessuno sembra davvero poter impensierire il presidente, che ha ottenuto un appoggio anche dal potente vicino. Mosca. Le proteste continuano imperterrite anche sotto la neve di fine autunno, segnando ormai quasi il quarto mese dal loro inzio. Il Governo ha inasprito le pene per chi è stato arrestato. “Mi seguono” – commenta Olga – “Ho paura. Ora le persone ricevono fino a 3 anni di carcere se protestano”. Tuttavia, il batka ha annunciato che l’arrivo di una nuova costituzione, segnerà la fine del suo governo, anche se non si sa bene se le cose cambieranno. L’opposizione invece, ormai esiliata o in carcere, sembra non avere abbastanza potere.

"La polizia e il governo sono diventati un gruppo terroristico" - Olga, 35

Nessuno vuole distruggere tutto quello che si è creato finora. Le persone sono fiere di aver mantenuto le proteste pacifiche. Si cerca di vivere normalmente. I ristoranti lavorano di fronte alle persone che marciano. Fungono anche da rifugio. I clienti siedono di fronte agli Amon che assaltano i manifestanti. Fotografano e filmano. Tutto gira su Telegram, così che tutti sappiano cosa succede in un determinato luogo. Molti hacker cercano di disturbare i siti del governo e della televisione statale, mandando messaggi minatori. Le persone cercano di smascherare l’identità della polizia antisommossa togliendo loro i passamontagna neri. Un sito di hacker si occupa proprio di questo. Le persone mandano le foto e video e loro si occupano di svelare le loro generalità complete: nome, cognome, data di nascita, indirizzo di casa, numero di telefono, profilo facebook. “L’obiettivo è quello di distruggere la loro vita e di spaventarli. Sono persone frustate e manipolate dal governo” commenta uno di loro, attraverso una conversazione in una chat segreta.

I bielorussi sembrano essersi svegliati. E se molti giovani, intenzionati fino a poco tempo prima a lasciare il paese per vari motivi -prima di tutto economici e di libertà- ora non vogliono più: "Volevano andarmene. Ma ora sto qui a combattere con i miei simili per vedere un cambiamento" dice Pavel, 32. “Ero intenzionata a partire lontano. Ma ora sto qui a lottare con la mia gente. Sappiamo che le conseguenze economiche saranno dure ma non c’importa affatto. Ne siamo consapevoli. Vogliamo libertà” conclude Anna, 23.

Le persone continuano a marciare. Famiglie intere rischiano ogni giorno la prigione. Ma sembra essere un'ondata più forte chiunque. La Bielorussia difficilmente tornerà ad essere la stessa di prima.